Uno dei metodi più diffusi per la valutazione dei risultati dell’Ufficio Stampa è riassunto nella sigla AVE (Advertising Value Equivalency). L’AVE si ottiene applicando ai centimetri degli articoli dedicati all’impresa i costi degli spazi pubblicitari della testata. Il valore numerico risultante rappresenta il costo che l’azienda avrebbe dovuto sostenere per acquistare uno spazio pubblicitario della stessa dimensione su quella stessa testata.
Un triste ma necessario escamotage per dare valore a un'azione che non sempre è facile delineare e valutare.
Possiamo davvero pensare che una foto di un oggetto di design inserita dal giornalista all'interno di una pagina sulle tendenze arredamento possa avere lo stesso valore di un pezzettino di pagina pubblicitaria di ugual misura?
Chi ha comprato la rivista in edicola o chi l'aspetta ogni mese a casa... vorrá sapere cosa consiglia il giornalista o sfogliare con ansia e attenzione tutte le pagine pubblicitarie?
Il dibattito su come si valorizza l'intervento di una agenzia di Pubbliche Relazioni all'interno di una strategia di comunicazione è piuttosto acceso da sempre.
Non a caso l'AMEC (International Association for the Measurement and evaluation of communication) organizza ogni anno un forum dedicato proprio al tema della misurazione della comunicazione.
Siamo però perfettamente concordi con Robert Wynnes quando sul suo libro "Estimating the Real Value of Public Relations” spiega che non si può non cercare un sistema che renda misurabile anche numericamente le PR. Wynnes ha dunque elaborato un criterio di valutazione che moltiplica x 5 l'AVE di ogni articolo.
Ha investito sei anni di ricerche con interviste settimanali a 12.000 lettori in sette categorie per arrivare a stabilire che il contenuto editoriale di ogni rivista/portale/quotidiano aveva un impatto di 5 volte superiore all'advertising in termini di fruizione consapevole, memoria e impatto sui comportamenti.
‘Prendiamo le (giuste) misure’ è invece il titolo di un interessante incontro che si è tenuto il 29 Novembre 2017 alla IULM di Milano. Organizzato da PR Hub/Assocom e Universitá IULM in collaborazione con Amec (International Association for the Measurement and Evaluation of Communication) e con la partecipazione di ICCO (International Communications Consultancy Organisation) l'evento aveva come scopo discutere sul tema della misurazione dei risultati delle relazioni pubbliche.
Il dibattito si è concentrato ancora una volta sul necessario superamento dell’AVE (Advertising Value Equivalent) come metrica di misurazione dei risultati del lavoro dell'Ufficio Stampa e sul processo di identificazione di nuovi sistemi di valutazione e standard.
Nel mondo, nel 2017 la spesa pubblicitaria mondiale dovrebbe raggiungere i 559 miliardi di dollari (fonte: Report Advertising Expenditure Forecast di Zenith), mentre l’industria delle PR vale, secondo il Rapporto Holmes, circa 15 miliardi di dollari.
L’apporto dell’advisor scientifico Stefania Romenti, professore associato in Strategic Communication presso IULM, ha lo scopo di valutare metodi basati non soltanto su criteri quantitativi ma anche qualitativi.
Secondo il presidente di Assocom Emanuele Nenna “l’aspetto fondamentale è quello di aver riunito così tanti attori della comunicazione nonostante non ci sia ancora una risposta univoca o una formula magica”.
“È il primo step di un percorso che si pone un duplice obiettivo: sensibilizzare su nuovi parametri di misurazione chi lavora nel settore delle rp, con grande apertura al mondo delle aziende, e nel corso dei prossimi anni arrivare a rinnovare standard il più possibile condivisi- ha dichiarato Marco Del Checcolo, ad di DMTC e coordinatore del gruppo di lavoro interno a PR Hub -La misurazione dei risultati è un elemento che qualifica la professione delle relazioni pubbliche e che va pertanto raffinato con un lavoro collegiale e con una metodologia scientifica”.
Il promotore della battaglia intrapresa contro le criticitá dell’AVE, basato appunto sul solo concetto di monetizzazione, rappresentato dalla campagna ‘Say No to AVEs’ è Amec.
“Recenti indagini di settore hanno dimostrato che la richiesta di AVE da parte dei clienti si è ridotta notevolmente passando dall’80% nel 2010 al 18% nel 2017– ha spiegato il presidente Richard Bagnall - È indubbiamente una metrica veloce, facile ed economica, ma i tempi sono maturi per abolirlo definitivamente perché non riesce a integrare ad esempio le attivitá sui social. L’Integrated Framework di Amec propone una griglia di 7 punti da cui partire: objectives, input, activities, outputs, out-takes, outcomes, organization impact”.
Secondo Diego Biasi, presidente di BPress e moderatore della tavola rotonda “è necessario rimettere al centro della questione gli obiettivi delle aziende che oggi devono conciliare tre dinamiche: i media tradizionali, il mondo online e quello social”.
“Mi piacerebbe che la campagna ‘Say No to AVEs’ si trasformasse in ‘Say Yes to What’. Le PR non sono un asset ‘intangibile’: a volte ci vergogniamo a pronunciare parole come storytelling o reputazione, invece dobbiamo riappropriarci dei nostri valori e del nostro contenuto distintivo”, ha commentato il presidente di Ferpi Pier Donato Vercellone.
“Le aziende stanno tornando a puntare su valori come efficacia, qualitá e minimizzazione dei rischi”, ha spiegato Giovanna Maggioni, dg di Upa, raccontando il progetto ‘KPI per la comunicazione commerciale’ presentato lo scorso ottobre.
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